Alcune osservazioni:
- In generale, ho l'impressione che il documento implementi l'equivalenza STATALE=NAZIONALE. Se fosse così (e lo credo), allora 40 anni di Regioni sono passate invano! Non che abbiano brillato (io anzi le ridurrei a 10-12, come voleva la Fondazione Agnelli già negli anni '90), ma il concetto che si possa delineare un complesso di misure considerandole solo all'interno di una specie di galassia secretata, mi sembra un errore. Non pensiamo che parlare di SBN dovrebbe significare - a priori - parlare di un network che deve unire strettamente la nuova "Biblioteca Nazionale d'Italia" con - per oggi - 20 Biblioteche Regionali d'Italia (da individuare)? E che questo network debba essere considerato unitario, cioè un tutt'uno?
- L'equivalenza STATALE=NAZIONALE è così marcata nel documento che addirittura non si chiede al Governo di fare una nuova legge organica sul diritto d'autore & C. ma si propongono molecolari e rapsodiche integrazioni e modifiche alla vetusta legge 633 del 1941!
- Riguardo alla Biblioteca Nazionale d'Italia noi proponiamo una governance fatta non solo di un direttore, ma anche di un Consiglio di Amministrazione e in più di un Consiglio di indirizzo: ma così saremmo "sparati" dai cittadini italiani. Pensiamo sul serio che nel pubblico si possa fare ciò in tempi di spending review?
- Perché deve essere la BNI a coordinare le "politiche per l'accessibilità"? si tratta di interventi che non possono essere sottratti alle Regioni.
- Naturalmente sono certo che alla voce "progetti di digitalizzazione" ci si riferisca ai soli progetti di rilievo nazionale, altrimenti sotto la copertura "agenda digitale italiana" ficchiamo tutto e lasciamo tutto immobile come accaduto finora….
- Tutta la parte sul diritto d'autore e sulle opere orfane mi sembra timida o forse un piccolo cedimento: addirittura dobbiamo costituire un fondo risarcitorio per le opere orfane? Bisogna invece rovesciare la logica giuridica: gli "orfani" che ad un certo punto resuscitano, dovrebbero ringraziare e pagare loro! Introduciamo il concetto della "usucapione" nell'immateriale, agganciandoci ai cosiddetti "commons".
- La parte finale sul piano nazionale per la lettura non si sottrae a STATALE=NAZIONALE. Forse possiamo evitare di inserirla: è un tema che andrebbe trattato in modo un po' più articolato e comunque mettendo in rilievo non solo i divari Italia-Estero, ma anche i divari interini all'Italia (Nord-Sud, etc.).
- WALDEMARO MORGESE.
Alcune osservazioni relative a SBN, riprendeno i punti indicati nel documento sotto l'intestazione "Il rilancio di SBN, nella visione dell'AIB, è possibile attraverso:"
1. una visione strategica orientata alla costruzione di un nuovo ambiente cooperativo per il Servizio Bibliotecario Nazionale collocato all'interno di un discorso più generale sul futuro dei servizi bibliotecari e bibliografici nazionali. Occorre uscire dalla equivalenza SBN = catalogo, per costruire un nuovo ambiente cooperativo che modernizzi il modo di lavorare delle biblioteche e produca valore per i cittadini italiani; occorre governare il proliferare incontrollato di poli SBN, che aumentano il costo complessivo del sistema;
- La frase appare assai "fumosa" e vorrei invitare a tener conto che SBN non è solo "catalogo" poichè comprende pure il servizio di prestito interbibliotecario ILL-SBN, la cui realizzazione pur risalendo a oltre 10 anni fa, si basa sulle moderne tecnologie (HTTP, XML), è conforme agli Standard ISO 10160-10161 ed è anche capace di interoperare con i sistemi (es. gestionali bibliotecari di tipo commerciale) che implementano il protocolllo ISO-ILL nativamente (non XML su HTTP) secondo il profilo IPIG. Si potrebbe eventualmente argomentare su una minore sensibilità e su una insufficiente capacità di promuovre l'uso e lo sviluppo di questo "secondo" servizio da parte di ICCU e dell'intera comunità SBN, ma certamente continuare a non prenderlo mai in considerazione quando si parla di SBN fa pensare ad una vera e propria scelta politica anche da parte di certi ambiti bibliotecari.
2. una direzione scientifica autorevole, in grado di dominare le logiche commerciali dei costruttori di software per sviluppare un progetto orientato all'innovazione e all'ammodernamento di SBN, che riporti l'Italia nell'alveo del dibattito internazionale più avanzato;
- Pensare di "dominare e logiche commerciali dei costruttori di software" è pura utopia se non scegliendo senza esitazioni la strada dell'open source. Nel caso dell'Indice e di ILL SBN questo significa:
- proseguire nello sviluppo dei protocolli/interfacce applicative aderenti agli standard (bibliotecari e tecnici)
- garantire nel prossimo futuro che l'evoluzione funzionale del Protocollo SBNMARC (resa finalmente possibile dal definitivo, ma purtroppo molto tardivo, abbandono del vecchio protocollo SBN) avvenga seguendo un processo di versioning al fine di mantenere la piena compatibilità dei sw commerciali già certificati e limitando il più possibile gli oneri di (ri)certificazione delle nuove funzionalità al fine di non penalizzare, ma anzi di continuare a favorire l'apertura dell'interoperabilità con i gestonali bibliotecari commerciali
- garantire all'ICCU una maggiore autonomia e capacità di controllo tecnico-informatico sulle ditte appaltatrici degli svliuppi e della manutenzione dei software, sia attraverso risorse umane proprie sia attraverso forme di cooperazione con istituzioni pubbliche (biblioteche, enti di ricerca, università etc.) e consorzi di tipo pubblico in grado di integrare le competenze informatiche interne
- visto il consolidato investimento effettuato nel passato sul sw SBN Unix, fare in modo che questo gestionale sia licenziato come sw open source secondo i ben noti modelli e promuoverne il riuso, stimolando lo sviluppo di funzionalità aggiuntive e favorendo la creazione e la crescita di una comunità di sviluppatori.
3. il passaggio da una architettura ancora sostanzialmente proprietaria, dove i software di terze parti devono "certificarsi", a una struttura aperta nella quale i dati sono liberamente accessibili e riusabili da chiunque con strumenti e tecnologie standard sulla base di licenze open, come prevede la legge;
- Vedasi in parte le osservazioni del punto precedente. Tuttavia è bene precisare che il protocollo SBNMARC è "aperto" dal punto di vista tecnico. La complessità della "certificazione" risiede nell complessità delle regole catalografiche che governano il funzionamento dell'Indice SBN (di cui gli utilizzatori più esperti sono bene a conoscenza). L'iteroperabilità semantica con l'Indice SBN non può essere paragonata alla "semplicità" della fruizione e riuso degli open data, si tratta di modalità, contesti e finalità completamente diversi. A meno che non si intenda ricunciare al mantenimento di un "catalogo partecipato" e si voglia (ri)proporre per SBN il ben noto modello del catalogo cumulativo..
4. la decisa adozione di regole catalografiche condivise e l'abbandono del formato bibliografico SBN MARC a favore dell'adozione di standard riconosciuti internazionalmente;
- Anche su questo punto l'affermazione è indeterminata. Occorrerebbe chiarire a cosa si sta pensando in concreto. Si sta facendo riferimento all'abbandono dellla struttura catalografica di SBN per seguire i modelli MARC21 o UNIMARC ? Oppure si sta pensando alla riprogettazione secondo standard e modelli emergenti come FRBR e soprattutto RDA ? La prima impostazione mi sembrerebbe alquanto riduttiva ed inopportuna visto che il protocollo SBNMARC di fatto realizza un aconersione dal formato SBN al formato SBNMARC, la seconda implica una profonda trasformazione dell'Indice SBN attuale e richiede un'attenta analisi prelimare anche dell'impatto sui sw gestionali che attualmente cooperano con l'Indice.
5. l'apertura di SBN anche ad ambiti non bibliotecari, attraverso l'avvio di una collaborazione con il mondo editoriale, con gli archivi, i musei, wikipedia, fondata sul comune interesse all'interscambio dei dati, che può essere favorito dalla adozione della struttura Linked Open Data a garanzia della piena interoperabilità dei dati.
- Mi sembra che su questo punto ci sia un ampio consenso e ICCU abbia già investito in iniziative che perseguono questo obiettivo. Tuttavia anche su questo punto occorrono chairire quali obiettivi si vogliono perseguire: un conto è estrarre da SBN dati in formato LOD per renderli facilmente accessibili ai motori di ricerca e per integrarli nel Web Semantico; altro discorso è intervenire nativamente per realizzare la gestione del datato bibliografico secondo il modello Linked Data p.e. integrando SBN con VIAF a monte e non solo con riversamenti ex post come sperimentato.
Relativamente ad alcune di queste considerazioni mi permetto di aggiungere un'autocitazione ricordando quanto scritto già nel 2009 relativamente a Catalogazione e ILL nel paragrafo "4. Scenari, linee gida e proposte" dell'articolo:
Valdo Pasqui.Evoluzione dei sistemi di gestione bibliotecaria tra vecchi e nuovi paradigmi
pubblicato sul Bollettino AIB Vol 49, N° 3 (2009) e consultabile all'indirizzo http://bollettino.aib.it/article/view/545
- VALDO PASQUI -
Le osservazioni qui di seguito riguardano la sezione del documento relativa a SBN, che non mi convince in diversi passaggi.
In particolare:
1) non mi convince l'affermazione: «L'Associazione Italiana Biblioteche ha sempre considerato SBN non tanto un progetto di automazione, ma uno strumento per cambiare l'organizzazione bibliotecaria del nostro paese»
Mi pare un'affermazione vera sotto il profilo "storico", in quanto riflette sicuramente posizioni espresse 30 fa e che si trovano citate per es. nell'articolo di Claudio Leombroni del 2009: «Il Servizio bibliotecario nazionale nella visione dell’AIB», in Bollettino AIB, vol. 49 n. 1 (marzo 2009), pp. 15-33, http://bollettino.aib.it/article/view/5366/5130 dove a p. 15 Leombroni cita un'affermazione di Luigi Crocetti del 1982.
Ma che io sappia questa affermazione non trova riscontri pubblici in documenti AIB recenti che siano stati diffusi pubblicamente e sottoposti a una verifica preventiva allargata, collettiva (per es. da parte di una commissione) o che comunque siano stati collettivamente discussi e approvati. Riportare oggi questa affermazione senza una contestualizzazione storica la fa apparire come un'affermazione tutt'ora valida mentre a mio parere andrebbe convalidata, verificata. Ma non conosco momenti in cui questa visione di 30 anni fa sia stata sottoposta a una verifica pubblica da parte della collettività dell'AIB per misurarne la tenuta oggi e sia stata ripresa ed eventualmente aggiornata.
2) un altro motivo per cui quella affermazione non convince riguarda l'assenza di una adeguata giustificazione. Se il documento intende riaffermare questa posizione allora dovrebbe essere composto di una nutrita sezione di illustrazione e giustificazione che spieghi che cosa significa nel 2013 scrivere: «uno strumento per cambiare l'organizzazione bibliotecaria del nostro paese». Le posizioni espresse da Leombroni nell'articolo del 2009 suonavano come un'esortazione rivolta all'AIB ad assumere nuovamente una consapevole posizione "politica". Il problema è che nell'attuale documento AIB (come del resto anche nell'articolo di Leombroni del 2009) il richiamo suona come una petizione di principio, priva però di agganci concreti, quindi molto debole. La politica esiste solo quando non si ferma alle petizioni di principio ma si concretizza in un programma. Io non vedo in questo documento la presenza di un programma articolato, analiticamente esposto e capace di misurarsi con la realtà analizzando le condizioni di fattibilità degli obiettivi esposti. In assenza di questi due elementi (esposizione analitica che spieghi che cosa significhi quell'affermazione + analisi di fattibilità) il discorso continua a suonare come una semplice petizione di principio, quindi astratta, non calata nel mondo concreto del 2013: in definitiva ci si chiede che cosa voglia dire e in che cosa consista l'obiettivo a cui si allude senza precisarlo.
3) Un altro elemento che non convince in quell'affermazione è la sovrapposizione di troppi obiettivi: «garantire a tutti i cittadini una infrastruttura di servizi per l'educazione permanente, per l'accesso all'informazione e alla conoscenza, ma anche per dare visibilità al patrimonio bibliografico e documentario italiano nel mondo». È difficile vedere il nesso tra obiettivi così disparati, complessi e ambiziosi che avrebbero, secondo il documento, lo «strumento» SBN come minimo comune denominatore. Il discorso appare di nuovo molto astratto, frutto di una posizione non pragmatica, e per questo non convincente. Per es.: una cosa come l'educazione permanente, che cosa c'entra con SBN? Anche queste cose sono solo affermate (verrebbe da dire: "buttate lì di getto") ma non spiegate.
4) manca una vera proposta operativa. Quando si scrive: «Il rilancio di SBN, nella visione dell'AIB, è possibile attraverso: una visione strategica orientata alla costruzione di un nuovo ambiente cooperativo per il Servizio Bibliotecario Nazionale collocato all'interno di un discorso più generale sul futuro dei servizi bibliotecari e bibliografici nazionali» esattamente che cosa si vuole dire? L'affermazione è eccessivamente sintetica. Sembra un abstract, un sommario di quello che sarebbe il "vero" documento: per cui ci si chiede dov'è il vero documento di proposte concrete delineate con un minimo di analiticità, giustificazione e soprattutto studio di fattibilità? Manca tutto. È come se ci fosse solo l'abstract.
5) Come ha osservato anche Valdo Pasqui: la frase: «Occorre uscire dalla equivalenza SBN = catalogo, per costruire un nuovo ambiente cooperativo che modernizzi il modo di lavorare delle biblioteche e produca valore per i cittadini italiani» è veramente poco condivisibile. Innanzitutto il suo significato è incomprensibile. Inoltre non è vera (come rileva anche Pasqui: di SBN fa parte integrante anche il servizio di SBN-ILL: piattaforma tecnologica per il prestito interbibliotecario a cui aderiscono diverse biblioteche: e questo è un "servizio"). Ma soprattutto ci si chiede: ma se la realtà di maggiore successo in questo ambito nel mondo è WorldCat, che è soprattutto un catalogo, ma presenta diverse innovazioni, per es. è anche cercato da Google, mentre l'opac SBN no. Allora non dovremmo forse fare questo con SBN? Cioè svilupparlo veramente come un catalogo per il XXI° secolo, quindi in maniera innovativa? La dimensione del catalogo è l'anima di SBN, non un suo difetto da comprimere perché avrebbe preso il "sopravvento" (ma su cosa?).
6) trovo ingiustificata la frase: «occorre governare il proliferare incontrollato di Poli SBN, che aumentano il costo complessivo del sistema». Quella che viene definita con termine negativo come "proliferazione" in realtà è frutto di SBN 2: dell'allargamento (non "proliferazione") della rete cooperativa a nuove istituzioni grazie all'apertura tecnologica a piattaforme software non pensate per SBN. Questo allargamento è conseguenza del fatto che c'è libertà di software, pertanto chi non vuole cambiare software (o non può permetterselo) fonda un nuovo Polo SBN invece di accorparsi con quello territorialmente vicino. Questa è libertà di azione, è il risultato dell'autonomia delle biblioteche e risponde anche a esigenze economiche. Viceversa, se si agisse in maniera top down sul numero dei Poli per ridurne la quantità compattandone alcuni, inevitabilmente si costringerebbero i poli a cambiare software e adottare quello di un Polo vicino. Significherebbe togliere libertà di scelta alle biblioteche e sicuramente aumentare i costi che dovranno sostenere: innanzitutto per la migrazione nel nuovo sistema; poi i costi richiesti dal mantenimento del nuovo sistema, che potrebbe essere più costoso del precedente. Infine l'idea di ridurre i Poli non è neppure giustificata dal documento. Ricordiamoci che i costi dei software (e quindi dei Poli) sono sostenuti direttamente dalle biblioteche che fanno parte del Polo. In questa situazione è difficile trovare una giustificazione valida all'accorpamento dei Poli tenuto conto anche del rapporto costi-benefici che avrebbe l'operazione e dei costi dovuti alla rinuncia al software usato da quei Poli che venissero individuati per l'accorpamento. Mi pare un obiettivo né giustificato né opportuno. Insostenibile sotto tutti i profili. Se poi esistessero delle giustificazioni, allora nel documento mancano.
7) scrivere: «il passaggio da una architettura ancora sostanzialmente proprietaria, dove i software di terze parti devono "certificarsi", a una struttura aperta nella quale i dati sono liberamente accessibili e riusabili da chiunque con strumenti e tecnologie standard sulla base di licenze open, come prevede la legge» può creare confusione perché vengono sovrapposti due discorsi completamente diversi. Una cosa sono i gestionali e i loro colloquio con l'Indice SBN e il protocollo usato da questo colloquio; una cosa del tutto diversa è esporre set completi di records per il download e con licenza open per consentire il libero riutilizzo. Questo secondo obiettivo è giustificato ma non deve essere intrecciato con discorsi del tutto diversi come quelli sui: gestionali, il protocollo di comunicazione con l'Indice e il processo di certificazione. La messa a disposizione dei records con licenze open non può certo ovviare a questioni come l'uso di gestionali specifici e i requisiti per il colloquio con l'Indice da cui deriva il bisogno di certificazione. Sono cose che non c'entrano nulla. Tra l'altro l'esposizione dei records come open data significa esporli in dataset composti di migliaia di titoli. Che cosa se ne farebbe praticamente una singola biblioteca? Una biblioteca deve poter colloquiare con il catalogo centrale usando dei client efficienti e modalità per individuare precisamente i records da importare. Non dover essere messa nelle condizioni di dover importare dataset da migliaia o milioni di titoli. L'esposizione dei records come open data serve ad altri operatori per costruire nuovi servizi, ma non serve a risolvere i problemi di gestione quotidiana del catalogo di una biblioteca.
Passo alle proposte operative. In un documento così succinto è difficile fare vere proposte operative, che richiederebbero un minimo di analisi. Quindi mi limito a indicare obiettivi prioritari molto generici:
1) proporre al MiBAC di istituire una commissione scientifica per rivedere tutte le scelte di SBN: commissione che dovrebbe essere composta da esperti soprattutto esteri e che dovrebbe fare un'analisi della situazione e proporre un documento di proposte concrete per il rinnovamento di SBN. Questa commissione dovrebbe lavorare in maniera del tutto indipendente dall'ICCU.
2) a livello più concreto, quelli che mi sembrano i problemi prioritari sono i seguenti:
a) il confronto con gli altri paesi europei nell'esperienza comune della partecipazione al VIAF ha dimostrato che il lato più debole di SBN è la produzione di records di autorità: se ne producono troppo pochi e restano tanti records da rivedere. Questo suggerisce che l'organizzazione partecipata con cui viene gestita questa attività dovrebbe essere rivista adottando criteri di misurazione della produzione e della qualità, definizione di obiettivi e stretto coordinamento per distribuire il lavoro in maniera efficace.
b) manca un'analisi della possibile applicazione delle RDA a SBN. Questa mancanza è un altro degli elementi più vistosi che ci allontana dal confronto con il resto degli Stati Europei che hanno già deciso di adottarle (UK; Germania) o stanno facendo attenti studi di fattibilità (Francia).
Pierfranco Minsenti